e 2 cong. Babbu e mamma, frades e sorres. Anticamente era et, come in latino. Il t caduto si fa sentire raddoppiando la consonante che segue: babbu e mmamma, frades e ssorres, Paulu e Ppedru, petta e ppische; o si attenua in d: tue ed eo, ed oh!; o si cambia in i: su babbu ei sa mama, su frade ei sas sorres, custu ei cuddhu, su malu ei su ’onu. | Si usa nelle interrog. E tue, ite faghias? E Pedru ue fit? e tu che cosa facevi? E Pietro dov’era? | Nelle antitesi. Tue mi cheres male, ed eo ti cherzo ’ene tu mi vuoi male, e io ti voglio bene. Isse riìad ei su babbu pianghiat egli rideva e il padre piangeva. | Per dar risalto al concetto. Cherides chi mi ch’andhe? ed eo mi ndh’andho! volete che vada via? ed io me ne vado! | Eppure. L’hapo fattu tantu ’ene e had hàpidu su coraggiu de mi lassare gli ho fatto tanto bene e ha avuto il coraggio di lasciarmi. | Con poi. Mi faghet bellas promissas, e poi, a s’attu, mi ’oltat sas palas mi fa belle promesse, e poi, nell’atto, mi volta le spalle. | Per indicar contemporaneità. Eo andhaia e isse andhaiat, mi frimmaio e isse si frimmaiat io andavo ed egli andava, mi fermavo ed egli si fermava. | Si compone con altri avverbi come bene, puru, duccas; ebbene, eppuru, edduccas.