àidu 2 s.m. adito, passaggio, callaia. Pro intrare a sa tanca bisonzat fagher s’aidu in sa chijura per entrare nel chiuso bisogna aprire un passaggio nella siepe. Abberrer s’aidu aprire la callaia. Al fig. cominciare, dar l’esempio. Su capu abberzeit s’aidu ei sos ateros sighèini il capo cominciò e gli altri seguirono. Anche per togliere di mezzo qualche ostacolo, offrire un’occasione favorevole e gradita, concedere un permesso, una grazia. Si m’abberis (l’abberis, nos abberis, lis abberis) cuss’aidu! se mi concedi questo, se ci dai questa opportunità, se ci fai questo favore e sim. | Cunzare, tancare s’aidu chiudere la callaia. Al fig. terminare, concludere. S’ultimu tancat s’aidu l’ultimo chiude, corona l’opera. Chie restat tancat s’aidu chi resta s’aggiusterà, di uno che non si cura dei suoi eredi o dei suoi successori in una carica, e fa il comodaccio suo. A sa fine si cunzat s’aidu. Fagher aidu o aidos aprire passaggi attraverso la siepe. Intrade, ma no fattedas aidu entrate pure, ma non aprite callaie nella siepe. Acconzare sos aidos imprunare le callaie. Al fig. tappare i buchi, pagare i debiti, regolare gli affari. Ecco un’aidu acconzu! ecco un affare assestato! | Intrare in aidu, no intrare in aidu o in aidu perunu persuadersi, comprendere ragione, non comprendere affatto ragione. Eppuru eppuru intrad in aidu finalmente comincia a comprendere la ragione. Cussu beccone no intrad in aidu perunu quello zoticone non comprende nulla, non si persuade per nessuna ragione. Est unu chi no intrad in aidu è un testardo. | Currer a s’aidu correre ai ripari. | Onzi fiadu ’essit in s’aidu sou ogni bestia esce per la propria apertura. Si dice per dare le attenuanti a chi si è lasciato sfuggire qualche scorreggia o loffa (volg.).